Tribuna Article
Pubblicato: 2022-05-20

Smoking scenes in the movies: what effects on the teenagers?

Caporedattore di Tabaccologia; Medico Pneumologo, Bologna; Giornalista medico-scientifico
Presidente Agenzia Nazionale per la Prevenzione (ANP)
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Abstract

Young people, and in particular adolescents, represent the ideal ground for the tobacco industries (Big Tobacco) to recruit potential new smokers. The advertising, be it hidden, of all tobacco products, has always been the winning weapon for Big Tobacco from which the most important films and movie stars, from Hollywood to Bollywood, do not escape. Various studies have shown the strong influence that the acts of smoking and advertising tobacco products brands exert on the younger generations, with various proposals and initiatives fostered as remedies.

Introduzione

La comprensione dei fattori che contribuiscono alla sperimentazione e all’uso del tabacco da parte degli adolescenti è un elemento essenziale nelle strategie di controllo del tabacco.

Una delle teorie più accreditate e condivise per spiegare il consumo di tabacco tra gli adolescenti è quella del cosiddetto “apprendimento sociale” [1] che enfatizza l’interazione tra individuo e ambiente. Importanti fattori nell’apprendimento sociale degli adolescenti sono i genitori e i pari, ma giocano un ruolo importante anche i mass media [2].

Fumare è un comportamento sociale appreso con l’osservazione e l’emulazione. Gli adolescenti tendono a imitare e fare proprio il comportamento dei loro modelli, specialmente quelli che ammirano o con cui si identificano.

Nel processo di costruzione dell’identità “adulta”, gli adolescenti convergono la loro attenzione al più ampio contesto sociale, in particolare al comportamento dei leader, degli influencer attraverso i social media, degli eroi e degli attori cinematografici. E proprio il cinema ha grande rilevanza sociale nella cultura contemporanea ormai globale, definendo e descrivendo nuove regole e modelli di comportamento [3].

L’esposizione degli adolescenti ai film è aumentata progressivamente fino ai nostri giorni. Sin dagli anni Venti e con l’avvento del sonoro, il cinema ha rappresentato il terreno prediletto per la promozione pubblicitaria del tabacco. Fino a tutto l’arco degli anni Cinquanta hanno operato nell’ambito del cosiddetto “studio system”, dove cinque grandi case cinematografiche gestivano tutto il processo di produzione e proiezione. In quell’ambito le compagnie del tabacco fornivano la maggior parte della pubblicità nazionale su giornali, riviste e radio e mettevano sotto contratto pubblicitario le star di Hollywood come Spencer Tracy, Gary Cooper o Steve Mc Queen. Ogni marchio di sigarette aveva il suo idolo.

Dal 1950 al 1970, l’avvento della televisione mise un po’ in crisi il cinema, ragione per cui le compagnie del tabacco cominciarono ad acquistare e sponsorizzare programmi televisivi. Era il periodo in cui cominciavano a emergere i primi autorevoli report sui danni che il fumo arrecava alla salute e le sigarette persero un po’ del loro fascino sullo schermo.

Nel 1970 gli Stati Uniti approvarono il divieto di pubblicità televisiva dei prodotti del tabacco, perciò le compagnie si riorientarono verso il product placement nei film. A centinaia i più importanti film vengono contaminati da scene di fumo per promuovere varie marche di sigarette. I marketer strategici avevano collocato il fumo direttamente nelle mani delle stelle del cinema [3].

Nonostante l’accordo quadro del 1998 tra Enti governativi e compagnie del tabacco, che vieta l’inserimento dei loro prodotti nei programmi di intrattenimento accessibili ai bambini, la collocazione di tali prodotti sullo schermo è in continua crescita fino a oggi. [Center for Tobacco Control Research and Education, University of California San Francisco], perciò il cinema rimane il più importante reclutatore di giovani fumatori in tutto il mondo.

In Europa, l’87% dei film è stato valutato per l’accessibilità ai giovani (classificazione per età inferiore a 16 anni) rispetto al 67% degli Stati Uniti (adatto per età inferiore a 17 anni). Scene di fumo sono state reperite in 319 film (69%). L’85% dei film che ritraevano il fumo era recensito come “adatto ai giovani” in Europa rispetto al 59% degli Stati Uniti (p < 0,001) [4].

Nel 2002 l’introduzione di scene di fumo nei film fu talmente frequente da equivalere a quella di tutto l’arco degli anni Cinquanta. Per tale motivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) scelse come tema per il World No Tobacco Day del 2003: tobacco free film, tobacco free fashion. Tutti i Paesi venivano invitati a riflettere su come e quanto cinema e moda incoraggiavano e diffondevano il consumo di tabacco nel mondo.

Ora come allora il problema è acuto se si pensa alla magnitudo del fenomeno tabagico, principale causa di morte e di invalidità prevenibile. Con un’aggravante. Si sta consumando la vergognosa operazione di marketing dei colossi del tabacco, che ha per target i giovanissimi la cui fascia di definizione ha raggiunto l’età degli 8-10 anni. La spiegazione c’è. Ogni anno questo pianeta conta i morti da fumo di tabacco: 8 milioni/anno di morti premature di oltre 10 anni, per patologie fumo-correlate, tutte evitabili, a fronte di 1 miliardo e 300 mila tabagisti nel mondo.

Per colmare il gap dei decessi e di quanti smettono, i più giovani rappresentano la grande prateria, il bacino ideale dove andare a pescare e fidelizzare nuovi clienti per coprire il disavanzo delle morti anticipate, per le quali nessuna manifestazione pubblica di protesta viene fatta.

In termini di “addittività”, ossia di capacità di indurre dipendenza fisica e psichica, è dimostrato come quella da tabacco sia superiore a quella dell’alcool e degli oppiacei. È una chiave di lettura molto importante del problema.

Pubblicità occulta e manifesta

Con l’avvento del nuovo secolo, con l’esplosione di nuovi canali televisivi pubblici e privati, nonché di network digitali, è ampiamente aumenta la disponibilità e l’accesso a film e serie televisive.

Il marketing del tabacco nei film è molto attivo, persino nei film per bambini e adolescenti. Una menzione speciale merita il film 28 Days, produzione 2000, con una incredibile Sandra Bullock, che testimonia in modo paradossale della finezza strategica con cui le multinazionali del tabacco hanno agito. Il film racconta la vicenda altalenante di una donna alcolista fino alla completa libertà dalla dipendenza. L’occhio della camera permette di esplorare i meandri e i percorsi mentali di autentica sofferenza, che realizzano cambiamenti significativi nella vita. L’aspetto controverso e paradossale del film è che la protagonista fuma, dal primo all’ultimo fotogramma. Anzi, fumano tutti, protagonisti e non, e fumano Marlboro. Una Bullock insuperabile, ma completamente asservita a una strategia di marketing efficace e vincente. Considerando il soggetto importante che viene trattato, l’alcolismo, la Philip Morris International Inc. ne esce del tutto “perdonata”, in ossequio a una verità incontestabile, quella che gli alcolisti fumano anche tanto. Difficilmente però il pubblico riesce a distinguere criticamente la pubblicità ufficialmente finanziata e quindi regolare dove permesso, da quella occulta, capace di sfuggire a ogni divieto. Perciò le scene di fumo si sprecano sul grande schermo. C’è di più. La lobby politica di Hollywood, la Motion Picture Association of America (MPAA), si rifiuta di avvertire i genitori riguardo al fatto che i film e i video promuovono la dipendenza da nicotina.

Nel 2008, il National Cancer Institute americano aveva analizzato il ruolo dei media nel promuovere il consumo di tabacco, concludendo che l’insieme delle prove, combinate con l’elevata plausibilità teorica delle influenze sociali, indicava una relazione causale tra esposizione a rappresentazioni di fumo negli audiovisivi e l’aggancio dei giovani al fumo. Le prove di questa relazione causale sono andate aumentando. Nel 2012, un rapporto del Surgeon General degli Stati Uniti concluse che l’esposizione al fumo nei film può indurre i giovani a iniziare a consumare tabacco.

L’industria americana dell’intrattenimento audiovisivo esporta i suoi prodotti in tutto il mondo, Italia inclusa. E le grandi star del cinema, asservite alle spietate logiche economiche che se ne infischiano della salute umana, continuano a far sognare gli adolescenti in tutto il mondo.

Il fumo nei film per adolescenti

Secondo un’analisi del 2020 del National Opinion Research Center (NORC), Istituto di ricerca indipendente dell’Università di Chicago, il 38% dei 71 migliori film conteneva rappresentazioni del tabacco. Tra queste pellicole, 10 venivano classificate come appropriate per il pubblico giovanile, tra esse La vita straordinaria di David Copperfield, classificata come “PG” (consigliata dalla guida dei genitori), la quale include 13 episodi con esplicito consumo di tabacco.

Altri 9 film, classificati per giovani e che includono scene di fumo, erano stati classificati come “PG-13” (genitori fortemente avvertiti; il film contiene scene inappropriate per i minori di 13 anni). È il caso del film Quello che tu non vedi di Amazon, con 35 scene di fumo, e quello di animazione My Hero Academia: Heroes Rising con 22 scene di fumo.

Film attraenti per i giovani, come Wonder Woman, così come film vincitori di Oscar come Nomadland, con diverse rappresentazioni di fumo, sono stati tra i film più amati del 2020.

Il glamour di fumo e svapo

Gli spettacoli più popolari tra i giovani spesso ritraggono il consumo di tabacco in una luce positiva, come un comportamento affascinante, ribelle o come uno status symbol. E ritraggono persino giovani e adolescenti che fumano.

Il quarto rapporto annuale di Truth Initiative che esamina le immagini del tabacco nell’intrattenimento, While You Were Streaming: Nicotine on Demand, ha analizzato le immagini del tabacco nei 15 programmi in streaming più popolari tra i 15 e i 24 anni e ha scoperto che, tra le nuove uscite, il 60% di quelli preferiti e il 64% dei migliori spettacoli seguiti dagli appassionati con maratone di video includevano rappresentazioni del tabacco. Tra questi programmi, quelli andati in onda anche in Italia, su Netflix o reti Mediaset: I Simpson, Rick e Morty, Big Mouth e Law [5].

Com’è rappresentato il consumo di tabacco sullo schermo

Su 114 episodi totali in streaming con scene di tabacco, solo uno potrebbe essere classificato come anti-fumo. La metà era chiaramente pro-fumo, il che significa che il tabacco era rappresentato in modi che associavano il consumo dei suoi prodotti a temi come ricchezza, potere, successo, divertimento, innocuità, ribellione o glamour. Il resto dei casi non poteva essere classificato come positivo o negativo, per esempio scene di mozziconi di sigaretta in un posacenere.

Non solo gli spettacoli esaltano l’uso del tabacco invece di descriverne i rischi e i danni, ma molti hanno mostrato adolescenti e giovani che usano il tabacco [5].

Strumenti efficaci per proteggere i giovani

Con la pandemia di COVID-19, molti film sono usciti direttamente sulle piattaforme di streaming, facilmente accessibili, pertanto le selezioni e le raccomandazioni, come film vietati ai minori, potrebbero non essere più uno strumento affidabile per tenere lontano i giovani.

Sebbene negli ultimi anni le società di media abbiano adottato alcune misure per ridurre le immagini del tabacco, è necessario fare di più. Truth Initiative sollecita una serie di politiche per frenare la diffusione del tabacco sugli schermi proponendo di sviluppare politiche anti-tabacco trasparenti e dichiarare l’assenza di guadagni da parte dell’industria del tabacco. L’industria dell’intrattenimento non dovrebbe farsi complice di quella del tabacco nello spingere una nuova generazione di giovani verso la dipendenza dalla nicotina. Ecco alcune azioni urgenti proposte per affrontare il problema [6].

  1. Tutti i film con scene di fumo, la cui visione è consentita ai minori, devono descrivere chiaramente i pericoli e le conseguenze del consumo di tabacco e mostrare annunci anti-tabacco e anti-svapo efficaci.
  2. Certificare che la produzione non ha accettato compensi dall’industria del tabacco, quando raffigurazioni del tabacco sono incluse in uno spettacolo. Big Tobacco ha interesse alla presenza costante del tabacco in TV, nei film e nei contenuti in streaming. È essenziale che l’industria dei media dimostri che nessuna parte coinvolta in una produzione ha ricevuto corrispettivi in cambio di rappresentazioni di fumo o svapo in uno spettacolo.
  3. Fornire incentivi fiscali e di altro tipo solo a quelle produzioni che non promuovono il consumo di tabacco.
  4. Incoraggiare i creatori di contenuti a sviluppare politiche anti-tabacco trasparenti: le società di media dovrebbero mettere a punto e pubblicare politiche complete mirate a evitare la normalizzazione del tabacco.
  5. Rifiutare la pubblicità che rimanda al sito web. Le reti che indirizzano i loro programmi agli adolescenti non dovrebbero mai accettare denaro per pubblicità rivolta ai giovani per prodotti che creano dipendenza. Ciò è avvenuto negli Stati Uniti ove il gigante del tabacco riscaldato JUUL Labs Inc. ha inserito annunci video su Cartoon Network e altri siti internet.
  6. Creare consapevolezza delle loro responsabilità sociali agli addetti dell’industria dello spettacolo. Molti creativi nel settore dell’intrattenimento non sono consapevoli degli effetti potenzialmente mortali che le promozioni di tabacco e le scene di fumo possono avere sui giovani.
  7. Continuare la ricerca. È necessario un rigoroso e continuo monitoraggio delle immagini del tabacco, per documentare e comprendere l’impatto dello streaming sulla cultura giovanile.
  8. Proibire l’identificazione delle marche di tabacco nei film. Ci sono prove che dimostrano che gli adolescenti sono più suscettibili alla promozione del marchio rispetto agli adulti.

Conclusione

Capire i fattori che contribuiscono alla sperimentazione e all’uso abituale del fumo da parte degli adolescenti è un elemento essenziale nel controllo del tabacco. Tra questi, cinema, televisione e social network sono veicoli cruciali nell’ottica di fidelizzazione al tabacco che per molti di loro sarà causa di sofferenze e lutti per patologie fumo-correlate.

Naturalmente la censura non è la risposta, né il mondo del cinema e della moda possono essere accusati apertamente di esserne la causa. Ma non deve promuovere un prodotto che senza alcun dubbio il tumore lo induce. E non solo. L’OMS si rivolge dunque un accorato appello all’industria del cinema e della moda. Che cessino di promuovere e pubblicizzare il tabacco.

References

  1. Bandura A. Prentice-Hall: Englewood Cliffs, N.J.; 1977.
  2. Baraldi I. Fumo nei film. Quali effetti sugli adolescenti?. Tabaccologia. 2006; IV(2):11-3.
  3. Mangiaracina G. Il cinema: dalla promozione alla prevenzione. Relazione al XVIII Convegno Nazionale Tabagismo e Servizio Sanitario. 2016.
  4. Hanewinkel R, Sargent JD, Karlsdóttir S, Jonsson SH, Mathis F, Faggiano F. High youth access to movies that contain smoking in Europe compared with the USA. 2013; 22:241-4. DOI
  5. Truth Initiative. As Oscar season kicks off, tobacco imagery still pervades movies. 2022.
  6. Truth Initiative. Nicotine on demand. 2022.

Affiliazioni

Vincenzo Zagà

Caporedattore di Tabaccologia
Medico Pneumologo, Bologna
Giornalista medico-scientifico

Giacomo Mangiaracina

Presidente Agenzia Nazionale per la Prevenzione (ANP)

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